Strategie produttive nelle Pmi: integrazione orizzontale e verticale; outsourcing.
Strategie produttive nelle Pmi
La necessità di porre in essere una nuova strategia produttiva può nascere dalle Verifiche sulla struttura produttiva (operate con l’Indagine conoscitiva) quando evidenziano la non idoneità del modello produttivo esistente ad assicurare la regolarità del flusso produttivo (rispetto di: costi, tempi, consegne, qualità, ecc..).
Come pure, una diversa modalità di svolgimento del ciclo produttivo potrebbe essere richiesta da una nuova strategia di prodotto e/o di mercato.
Restringendo il campo di interesse alle Pmi e premesso un breve cenno sulla integrazione orizzontale e su quella verticale, approfondiremo le tematiche relative all’outsourcing, quale forma di integrazione verticale parziale di più larga applicazione nelle Pmi manifatturiere.
Integrazione orizzontale
L’integrazione orizzontale, in sintesi, è una strategia che prevede una unione con un’altra impresa che svolge la medesima attività o che, comunque, opera nel medesimo settore.
Tale unione può avvenire tramite: alleanze, acquisto oppure tramite nuovi assetti societari (fusioni, incorporazioni, ..).
Le modalità realizzative di una integrazione orizzontale sono numerose e differenziate, ma tutte condizionate da due esigenze:
- l’impresa deve avere una adeguata disponibilità di mezzi (preferibilmente propri);
- deve assicurare la presenza costante dell’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario.
Le suddette condizioni rendono difficilmente attuabile l’integrazione orizzontale nelle Pmi, che soffrono (in prevalenza) di una sottocapitalizzazione (quasi perenne).
Se di interesse, rinviamo ad un gradito colloquio con l’imprenditore per approfondire tutte le tematiche connesse alla realizzazione di una integrazione orizzontale nelle Pmi.
Integrazione verticale.
E’ una strategia, attraverso la quale l’impresa mira ad acquisire il controllo dell’intero flusso produttivo: dai fornitori della materia prima (a monte), agli intermediari e/o distributori (a valle).
E’ necessario qui evidenziare che il riconosciuto valore aggiunto che si crea in ogni fase della integrazione (dalla progettazione, alla trasformazione fisica, fino ai servizi) non compensa:
- I disservizi causati dalla rigidità del sistema, di fronte alla oggettiva difficoltà di fare previsioni sull’andamento variabile della domanda.
- L’aumento (quasi certo e incontrollato) dei costi e il peggioramento della produttività e della efficienza, causati dai cambiamenti (richiesti n tempi brevi) nei programmi produttivi.
Integrazione verticale parziale.
Le due problematiche esposte sulla integrazione verticale completa, rappresentano, nelle Pmi, i motivi principali:
- della perdita di interesse per l’integrazione verticale (quale unica scelta);
- di un prevalente orientamento verso i diversi livelli di integrazione verticale (applicata in modo parziale).
L’applicazione parziale della integrazione verticale consente alla Pmi di scegliere le fasi produttive:
- da svolgere all’interno della catena verticale (insourcing, tramite la strategia “make”);
da delegare esternamente ad altre imprese (outsourcing, tramite la strategia “buy”).
Sono scelte non classificabili in schemi predefiniti, per i numerosi limiti o vincoli posti dalle seguenti (diverse) variabili:
- oggettive (caratteristiche produttive del settore, presenza di poli produttivi o filiere, variabilità della domanda, livello di competitività dei concorrenti, ecc..);
- soggettive (grado di specializzazione o di differenziazione del prodotto, entità dei mezzi propri e livello di autonomia finanziaria, possibilità o meno di accesso a fonti di finanziamento esterne, ecc..).
Outsourcing.
L’outsourcing (strategia “buy”) si attua, quindi, tramite la esternalizzazione di alcune fasi del ciclo produttivo (o di altre tipologie di attività).
Tramite questa scelta, l’impresa fa eseguire da fonti esterne talune attività che ordinariamente vengono svolte all’interno. Il processo può riguardare il trasferimento di una o più fasi del ciclo produttivo (o di altre attività operative), ciascuna delle quali con un peso diverso sullo svolgimento della attività aziendale.
Come pure potranno essere richiesti diversi livelli di coinvolgimento delle rispettive strutture (dell’impresa e del fornitore). Pertanto, si possono creare, tra le parti, rapporti e coinvolgimenti dal più semplice al più complesso, fino al trasferimento dei processi aziendali e delle specifiche competenze della struttura dell’impresa.
L’outsourcing, di pari passo con la globalizzazione dei mercati, è una strategia produttiva in costante evoluzione. Per molte Pmi (specialmente se appartenenti al settore manifatturiero) è tuttora una scelta produttiva vincente, che consente di difendere il vantaggio competitivo tramite la leadership dei costi (più bassi rispetto a quelli praticati dai concorrenti).
Per illustrarne i caratteri distintivi riteniamo utile avvalerci della metodica della matrice S.W.O.T. peri individuare, in forma sistematica, i vantaggi (opportunità) e gli svantaggi (minacce) che la Pmi può esprimere dal suo interno o che possono arrivare dall’ambiente esterno (in particolare, dal mercato di riferimento).
Vantaggi (opportunità).
- La opportunità più importante si concretizza quando l’impresa è in grado di trasferire le fasi interne (con verificata inefficienza) a fornitori esterni, specializzati e più efficienti.
- Riduzione dei tempi di giacenza e del livello delle scorte intermedie (e conseguente riduzione del capitale circolante e del fabbisogno finanziario).
Questa opportunità si realizza se il fornitore è in grado di assicurare consegne tempestive che consentano alla Pmi di effettuare, a sua volta, con tempestività le proprie consegne al cliente. - Il trasferimento all’esterno di alcune fasi interne consente la dismissione di parte degli impieghi in capitale fisso (beni strumentali non più utilizzati), con la conseguente riduzione dei costi fissi e abbassamento del punto di equilibrio (bep).
- Inoltre le dismissioni elasticizzano la struttura e generano una maggiore attitudine a soddisfare la variabilità della domanda.
- Infine, le risorse liberate possono essere utilizzate per la riduzione dell’indebitamento e/o per impieghi diversificati.
Svantaggi (minacce).
- Mancato raggiungimento (nel ciclo interno) delle economie di scala, causato dalla ripartizione dei flussi produttivi tra fasi interne ed esterne.
- Perdita del controllo sul fornitore esterno a cui e affidata la produzione, se il fornitore medesimo è unico (o prevalente) e con know-how elevato.
- Il rischio (minaccia) di perdere il controllo sul fornitore si accentua quando l’impresa trasferisce all’esterno fasi produttive o attività di contenuto strategico.
- Con il trasferimento all’esterno di fasi produttive (o attività strategiche), l’impresa corre il grave rischio (minaccia) di perdere, in modo irreversibile, il suo know-how specifico.
- Perdita del contatto diretto con il cliente finale, se la esternalizzazione riguarda servizi di customer care, relationship, ecc.;
- Possibile fuga di risorse umane (specialmente della struttura tecnica),per carenza di motivazione.
Suggerimenti pratici.
Durante i nostri colloqui con gli imprenditori, non poche volte abbiamo dovuto prendere atto di molti errori commessi durante la fase di scelta (e di realizzazione) di strategie produttive, ed in particolare dell’outsourcing.
Questi errori hanno causato danni spesso gravi all’attività aziendale, incidendo in maniera negativa sugli equilibri della gestione e alterando gli indicatori della continuità aziendale.
Per l’utilità delle Pmi (manifatturiere, in particolare),riportiamo i seguenti suggerimenti, dettati dalla nostra esperienza sul campo:
Indagine conoscitiva.
L’attuazione di una strategia di outsourcing deve iniziare con un esame dettagliato delle fasi di svolgimento del ciclo aziendale, che metta in evidenza i fattori di criticità e di efficienza di ognuna. Con l’indagine conoscitiva, oltre ad appurare lo “stato di salute” dell’azienda e la presenza ,o meno, dei necessari equilibri aziendali, si raccolgono tutte le possibili informazioni sul sistema produttivo di appartenenza dell’impresa, le cui caratteristiche (filiera, distretto, ecc..) potrebbero condizionare o limitare le scelte aziendali ed imporre soluzioni combinate.
Se l’impresa ha già adottato Il modello organizzativo , l’indagine è facilitata perchè è supportata da una chiara descrizione delle strutture aziendali.
Piano di fattibilità.
All’esito dell’indagine conoscitiva, l’impresa dovrà approntare il piano di fattibilità il quale, necessariamente, dovrà:
- prevedere la costruzione di un nuovo organigramma, che includa l’esame critico dei cicli produttivi e delle funzioni aziendali;
- prevedere la tipologia e l’entità dei costi che l’impresa sosterrà per il trasferimento all’esterno di parte del ciclo produttivo ( o di altre attività);
- avere, tra gli obiettivi prioritari, quello di evitare che il trasferimento a terzi (esterni) delle competenze tecniche specifiche, possa causare la perdita irreversibile del know-how strategico dell’impresa.
All’evidenza di tutti i suddetti contenuti, il piano dovrà attestare la fattibilità della esternalizzazione.
Analisi dei rischi
Alla luce dei fatti, gli errori più gravi che possono determinare l’insuccesso dell’outsourcing, sono:
- l‘assenza di una analisi dei rischi preventiva;
- una analisi dei rischi, sommaria o incompleta, che non individua tutti i potenziali rischi connessi all’operazione.
L’analisi dei rischi deve prevedere non soltanto la loro identificazione, ma anche le azioni specifiche per la loro eliminazione o, quanto meno, per la loro mitigazione.
Contratto di fornitura
Un altro strumento necessario per la buona riuscita dell’outsourcing è un contratto che supporti l’accordo tra impresa e fornitore esterno.
Sulla scorta dei rischi emersi, va individuata la forma di contratto (di subfornitura, di appalto, di partnership, ecc..) da porre in essere per regolare, in modo idoneo ed equilibrato, i rapporti tra le parti.
E’ importante che il contratto non preveda solo termini legali. I redattori dovranno calarsi (con competenza) nella dinamica della esecuzione dell’accordo e prevedere, per ogni criticità emersa, una soluzione equa ed accettata da entrambe le parti.
Quanto sopra è particolarmente importante quando l’outsourcing riguarda il trasferimento dell’attività ad un fornitore estero. In questo caso le problematiche da risolvere sono molto più numerose e complesse.
Per nostra esperienza, solo una partnership solida (anche societaria) può bilanciare il peso delle parti ed evitare che il trasferimento di attività strategiche possa causare la perdita irreversibile del know-how trasferito.
Note finali
Le caratteristiche dei sistemi produttivi non sono mai nette e ben delineate.
Vi sono “zone grigie” nelle quali ogni impresa dovrà indagare a fondo per trovare la sua soluzione più idonea.
L’approccio all’outsourcing:
– deve essere (sempre) guidato da una attenta valutazione preventiva;
– non deve essere un semplice ripiego, per tentare di risolvere solo su “sensazioni” i problemi organizzativi e produttivi interni.